venerdì, dicembre 29, 2006

noi scopriamo ebrei e non sbagliamo mai...

Negli USA, da una ventina di anni, è in corso un dibattito tra l’antropologia Judith Neulander e lo storico Stanley Hordes. Hordes ritiene di aver scoperto in New Mexico i discendenti di ebrei convertiti al cattolicesimo, che continuerebbero ad osservare in segreto le pratiche della religione dei loro antenati, i famosi marrani. La Neulander sostiene, con buone ragioni, che non di cripto-ebrei si tratta ma, al più, di nipoti e figli di appartenenti a una setta avventista, una variante del cristianesimo in cui sono presenti molte pratiche ebraiche (tra tutti, lo Shabbat). Effettivamente le teorie di Hordes –che nel frattempo beneficia di attenzione da parte dei media-ed ha fondato una Society for Crypto Judaic Studies, si appoggiano a “prove” un po’ risibili: i marrani del New Mexico amano giocare con le dreidel, una trottolina che è divenuta popolare tra gli ebrei ashkenaziti ben dopo l’espulsione dalla Spagna. E, per ora, la Neulander può segnare un punto a suo favore.
Ci si può interrogare a lungo sulle ragioni del successo di simili teorie in USA. Ma forse occorre chiedersi perché questo genere di giochi genealogici stia sbarcando anche in Italia.
Azzardo una risposta: l’Ebraismo è una miscela instabile di scelte etiche e di appartenenze familiari. Si è ebrei perché lo si nasce ebrei, ma al tempo stesso occorre scegliere di esserlo. Jacob Klatzkin è stato il più “biologista” tra i filosofi ebrei, per lui gli ebrei erano prima di tutto una nazione e chi negava l’Ebraismo non se ne poneva comunque al di fuori. Ma persino lui legava l’essere ebrei alla prima delle mitzwot, avere figli e di crescerli come ebrei: “il nostro nazionalismo è definito da due criteri: la partecipazione al passato e il desiderio consapevole di continuare tale partecipazione in futuro”
Non è facile: nella Diaspora il legame con Israele, l’osservanza dello Shabbat e delle feste, le prescrizioni alimentari sono spesso accompagnati da voci che ti dicono ma chi te lo fa fare? Sono scelte che si spiegano solo inserendole in un orizzonte etico. Evito di mischiare carne e latte perché “non farai bollire il capretto nel latte della madre”, riconosco cioè l’esigenza di porre sotto controllo (e non di negare) la violenza che è legata al cibarsi. Osservo lo Shabbat per affermare non solo il diritto al riposo, ma la forza di questo diritto e della tradizione che prima fra tutte la ha collegata all’uguaglianza tra gli esseri umani. E così via.
Se qualcuno ti fornisce una appartenenza con incluse “memorie” di persecuzioni, ecco che puoi evitare le scelte di cui sopra e tutta la dimensione etica. Non manca chi è disposto a pagare per avere questa appartenenza ad un popolo eletto; eletto non per i suoi meriti (è da dimostrare che le persecuzioni sarebbero meriti), ma per il suo sangue. In USA c’è chi ha potuto raccogliere fondi per questi “marrani” e poi involarsi col malloppo.
E in Italia, da sempre ottimo mercato per chi spaccia patenti di nobiltà?

Nella foto: il principe Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, Conte di Cipro e di Epiro, Conte e Duca di Drivasto e Durazzo


Non hai un cognome ebraico tra i tuoi nonni e bisnonni o trisnonni? No? E allora è la prova che si nascondevano, per il timore delle persecuzioni. D’altronde, anche tu, quando eri adolescente non ti sentivi diverso dai tuoi coetanei? Non credere a chi ti dice che succede a tutti. Succede agli ebrei. E tu sei ebreo.


Quanta fretta, ma dove corri, dove vai?
Se ci ascolti per un momento, capirai,
(...)
dacci solo quattro monete
e ti iscriviamo alla Comunità...

domenica, dicembre 24, 2006

loro ragionano (diciamo così) in questo modo


Il signor Ahron Cohen, membro dei Neturei Karta, spiega: "La nostra prospettiva sull'Olocausto è questa: noi pensiamo che quando qualcuno soffre, è ovviamente colpevole colui che infligge sofferenza, ma costui non riuscirebbe nel suo intento se la vittima, in qualche modo non lo meritasse (...) Dobbiamo guardare dentro noi stessi e cercare di migliorare, e rimuovere quelle nostre caratteristiche o azioni che sono state la causa dell'Olocausto".

sabato, dicembre 23, 2006

glad to be

La JTA informa che in USA, verranno ammessi nelle scuole Massorti, anche i figli di padre ebreo e di madre non ebrea: una apertura alla trasmissione di status ebraico per via paterna, come è la regola per noi progressivi.
E' un segno di crisi. Se una scuola decide di allargare il proprio bacino di utenza è perché il bacino tradizionale non basta più. Ma la crisi dei Massorti non è solo una crisi di numeri. E' una crisi ideologica. Il movimento ama presentarsi come la via di mezzo tra il rigore tradizionalista degli ortodossi e l'autonomia individuale che caratterizza i progressivi. E per un po' ha funzionato: negli anni 60 e 70 la maggioranza degli ebrei americani erano figli e nipoti di ortodossi immigrati dall'Europa. Provavano ad accendere l'auto di Shabbat o ad assaggiare cibo non kasher e si rendevano conto che non accadeva alcuna catastrofe. Emerse così l'idea di conciliare Halakhà e modernità, di rimanere nel solco dell'osservanza (ortodossa) cercando di far progredire la normativa halakhika. Ma proprio negli stessi decenni i rabbini ortodossi sono andati radicalizzando le loro posizioni e, a partire dagli anni 80, i Massorti si sono trovati sul banco degli imputati, con gli ortodossi che li accusavano di non seguire la vera Halakhà, ponendosi cioé al di fuori dell'Ebraismo. E qui è iniziata la crisi. Per alcuni giovani si è fatto sentire il richiamo della tradizione, per altri (la maggioranza) non ha più molto senso l'accento sulla continuità della Halakhà.
In questi ultimi mesi il movimento ha dovuto decidere se ammettere gli studenti gay alle scuole rabbiniche e se celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso. In pratica la massima istanza halakhika ha deciso di non decidere.
Gli attivisti che si battono per la piena inclusione nella vita ebraica non possono dire di aver ottenuto un grande risultato: il matrimonio resta comunque vietato nelle sinagoghe Massorti. Per poter approvare le due posizioni che lo permettevano è stato richiesto un quorum alto di votanti favorevoli (in termini tecnici: sono state trasformate in takanot). Per la cronaca: una, presentata da Gordon Tucker sosteneva il dovere etico di includere i gay nella vita ebraica, mentre Myron Geller ed altri proponevano di sospendere la proibizione dell'omosessualità perché formulata in epoca antica. Ambedue le proposte sono state respinte. Tra le posizioni approvate ve ne è una che considera l'omosessualità un disturbo della personalità, curabile con apposita terapia ed incoraggia i rabbini a trasformarsi in counselors (beninteso se il paziente è consenziente - troppa grazia, professor Levy).
La possibilità per studenti gay di essere accettati nelle scuole del movimento non è un diritto acquisito (notare che tutte le teshuvot chiedono la fine dell'emarginazione dei gay: quando si dice predicare bene...) ma una semplice possibilità - le varie istituzioni decideranno caso per caso. In altre parole i rabbini Massorti, anziché tenere fede al loro ruolo di guide spirituali del movimento, hanno lasciato ad altri il compito di decidere. E' facile prevedere che si formeranno sinagoghe gay-friendly, che ci saranno scuole che assumono insegnanti gay ed altre che non li vogliono affatto, oltre a sinagoghe in cui, esplicitamente o meno, l'omosessualità è considerata abominio. Difficile immaginare come tutte queste realtà potranno convivere all'interno dello stesso movimento.
Ma il lato più deprimente è la divisione tra attività lecite e illecite all'interno delle relazioni omosessuali. L'ebraismo non è una religione monastica, il celibato è per noi ebrei sinonimo di imperfezione, non è bene che l'uomo sia solo. Premesso tutto questo, ci si aspetta che la via del matrimonio sia aperta a chiunque. Anche a coloro che sono attratti da persone del loro stesso sesso. Invece no. Nella teshuvah proposta da Dorff, Nevins e Reisner -e approvata- fa bella mostra di sé la proibizione del sesso anale, come se la spiritualità ebraica si esprimesse essenzialmente nei divieti. E' la stessa logica che porta i kabalisti a prescrivere come permessa solo la c.d. posizione del missionario (ah, il sesso anale è impuro perché il segno del Patto, la circoncisione, viene così a contatto con le klippot più forti; e i figli concepiti di giorno nasceranno deficienti)
Questa idea secondo la quale l'etica ebraica consiste in una strada per diventare santi facendo tanti piccoli fioretti e rinunce è caratteristica dell'ortodossia. Difatti nella teshuvah approvata, a pag. 37, si afferma che
"Among Orthodox gay men there is a documented trend to avoid anal intercourse because of the explicit biblical ban while maintaining an otherwise gay lifestyle"
Questi rabbini riconoscono, tanto per cambiare, che gli ortodossi sono i Veri Ebrei, che l' ortodossia è il vero Ebraismo, e che per formulare un modello di comportamento cui si devono poi rifare tutti gli altri ebrei, occorre guardare agli ortodossi. Se non ci aggradano i loro testi (ed è difficile che aggradino) allora guarderemo al loro vissuto. Perché se un ebreo ortodosso è un frustrato, allora la sua è una frustrazione ebraica, di conseguenza possiamo considerarla uno standard di comportamento alla portata di tutti gli ebrei. I quali, si immagina, accorreranno a schiere alle sinagoghe Massorti, certi di trovarvi una vera Tradizione ebraica, che divide tra il puro e l'impuro.
Riconoscere all'ortodossia una sorta di primato morale è il fallimento del compromesso tra Halakhà e modernità, su cui si sono retti i Massorti finora. Probabilmente anche nell'Ebraismo è finita l'epoca delle vie di mezzo tra ortodossi e liberali. Su questo punto dovrebbero riflettere quegli ebrei italiani affezionati alla Halakhà, che cercano di introdurre posizioni conservative all'interno del movimento progressivo e pretendono di allargare il numero degli aderenti sperando nella forza di attrazione della Tradizione. Chi confonde spiritualità e repressione si rivolge di solito agli ortodossi, e ci si trova pure bene. Gli altri, in Italia e altrove, sono gli ebrei progressivi, il movimento maggioritario nella Diaspora.

Huppà poco tradizionale, Israele, 1953

venerdì, dicembre 22, 2006

quando si dice parlare chiaro


Il signor Feldman, aderente al gruppo dei Neturei Karta, beniamini chissà perché di tutti gli antisionisti, ci spiega che la vocazione degli ebrei è essere "second class citizen". Su Jewish Week di questa settimana.

le halakhot per Natale

Quelli che
Ma come si fa ad essere ebrei, ci sono troppe regole
che è poi la versione beta di
Voi siete la religione della Legge, noi - i cristiani- la religione dell'Amore
non si sono mai chiesti quante sono le regole per il Natale. Sono tante, e si possono leggere qui, esposte secondo lo stile di noi Fratelli Maggiori. C'è pure la Haggadah.

giovedì, dicembre 21, 2006

parole per ridirlo

La Commissione sulla legge ebraica, la massima istanza halakhika del movimento Massorti (conservative) ha approvato due teshuvot (mozioni) e ne ha rifiutate tre. Una delle mozioni approvate ribadisce la condanna dell'omosessualità, mentre l'altra condanna ogni discriminazione nei confronti degli omosessuali e apre alla possibilità, per gli studenti rabbini gay, di ricevere la semicha (ordinazione rabbinica). Tutte le teshuvot si possono leggere sul sito della Rabbinical Assembly.
La Commissione in effetti può approvare teshuvot contradditorie, e le istituzioni che aderiscono al movimento (sinagoghe, scuole, collegi rabbinici) possono decidere a quale conformarsi. "Questo e quello sono parole di Dio vivente".
In pratica: ogni collegio rabbinico Massorti prenderà una autonoma decisione. La University of Judaism ha già fatto sapere che non respingerà più le domande di ammissione di allievi gay; Arnold Eisen, il direttore del Jewish Theological Seminary si è detto personalmente favorevole, ma attende una decisione dei docenti. La Commissione ha bocciato due teshuvot che miravano ad abolire del tutto le discriminazioni. Secondo la teshuvah approvata, il divieto biblico di "giacere con un uomo come con una donna" implica la proibizione della penetrazione anale, ma non di altre forme di sessualità. Resta vietato il matrimonio gay, ma sono permesse cerimonie di fidanzamento (testo completo qui, sul sito di uno dei firmatari, rav Daniel Nevins).
Quattro membri della Commissione, tutti firmatari di teshuvot più restrittive (e bocciate) si sono dimessi. Sono i rabbini Joel Roth (bel tipo, quello), Mayer Rabinowitz, Joseph Prouser e Leonard Levy. La Commissione è composta da 25 rabbini. Come d'uso, ai dimissionari è stato chiesto di ripensarci.
In breve: da oggi è possibile per un gay diventare rabbino Masorti, ma scuole, sinagoghe e varie istituzioni afferenti al movimento possono seguitare a discriminare insegnanti ed allievi gay. Discriminazioni che fuori dagli USA proseguiranno; in Canada si parla esplicitamente di scissione.
Inoltre, è probabile che chi googola "anal sex" in rete in questo periodo si stia attualmente imbattendo in siti web ebraici.

mercoledì, dicembre 20, 2006

in difesa


Orpo. Un alone di oscurità negativa, in Italia, avvolge l'Halachah, mentre è addirittura in corso un boicottaggio del Talmud. Si impone pertanto la difesa intellettuale dell'Ebraismo tradizionale. Da Israele.net


nella modernissima foto, una donna che esce dalla Tradizione indossando tallet e tefillin. E' da presumere che sia persino contata a minyan. Un attacco alla Halacha. Da il macom

martedì, dicembre 19, 2006

siccome hanno veramente esagerato

Io invito a firmare questa petizione, che chiede di pronunciare cherem contro i Neture Karta.
E' promossa da varie sinagoghe ortodosse di New York. Firmate e fate firmare anche ai vostri amici (chi non ha un amico ebreo, oggigiorno ?)

sabato, dicembre 16, 2006

Hannukah

Sinai, 1971. Foto di Micha Bar Am / Magnus Press

giovedì, dicembre 14, 2006

domande

Guardo le foto della convention negazionista di Teheran e mi chiedo dove sono finiti i rabbini ultra-ortodossi.
Urlano contro il Gay Pride, progettano il boicottaggio della El Al perché vola di Shabbat e non hanno nulla da dire quando alcuni loro colleghi stringono le mani dei nemici del popolo ebraico?

Aggiornamento: in effetti sembra che qualcosa si muova. Persino i Satmar si rendono conto che in qualche modo è stata superata una linea rossa.

mercoledì, dicembre 13, 2006

modernariati

Mi piacciono i newsgroup Usenet: sono uno dei luoghi della rete in cui si confrontano persone e idee diverse. Particolarmente quelli non moderati, dove la comunicazione non è mediata, avviene da pancia a pancia. Roba apprezzabile: di questi tempi in rete si tende a creare comunità tra simili. A volte c’è però un senso di noia, di fronte a reazioni ripetitive. I cattolici sono di solito quelli più privi di fantasia, quando si viene a parlare di testi antisemiti - o antisionisti. Ne ho postati un paio di estratti, pescati a caso nella massiccia produzione di padre Gemelli e dei salesiani. E la reazione è stata, appunto, piuttosto prevedibile: il frequentatore cattolico di quella specie di “bar dello spazio” che è it.politica.internazionale ha risposto con le argomentazioni enunciate dai vescovi e dalla stampa cattolica. Un buon esempio di indottrinamento efficace, no ? Ma vediamo queste argomentazioni.
Modernariato. Ma questa è roba passata. Adesso la Chiesa non è più quella dell’Ottocento, siete diventati i nostri fratelli maggiori, perché insistere con questa roba? Ovviamente la Chiesa di Benedetto XVI non è identica a quella di Pio XII, o peggio. Ma Simonino di Trento è ancora santo, giusto ? Vale a dire: è sempre possibile per un ecclesiastico dichiarare che io e mia moglie una volta all’anno scanniamo un bambino cristiano per usarne il sangue per impastare le azzime. E visto che esistono arabi cristiani, il bambino potrebbe essere palestinese. È risaputo che gli ebrei ce l’hanno con i palestinesi, no?

Martirio di Simonino di Trento, incisione del 1493

Catarsi. Ma ci sono cattolici che hanno fatto la Resistenza. Vero. E ci sono partigiani comunisti che dopo la morte di Stefano Taché, z.l., vittima di un attentato antisemita, hanno potuto dire che a loro dispiaceva di aver salvato degli ebrei. Aver fatto il partigiano non significa essersi liberati di secoli buoni di catechismo antisemita, in cui si raccontava che gli ebrei devono stare dispersi per il mondo, cioè non hanno diritto ad una patria, perché sono responsabili del crimine più sanguinoso, ovvero l’uccisione del Figlio di Dio, e di chissà quanti altri bambini.

Minimizzazione 1. Non vorrai mica dire che le leggi razziste sono responsabilità di don Bosco? Mannò. Dico solo che don Bosco e padre Gemelli sono state figure importanti, autorevoli ed influenti della cultura italiana; perché, non è vero? Ogni volta che prendo in mano della stampa cattolica pubblicata nelle due diverse epoche di quelle due gloriose figure (ed anche in epoche più recenti) e cerco di scoprire cosa si dice degli ebrei, io non trovo delle espressioni simpatiche. Si potrà misurare l’effetto che hanno avuto sulla società italiana le affermazioni di costoro, riprese da altri e poi diffuse giù giù fino all’ultimo bollettino parrocchiale? In Italia sono state attive per decenni delle Associazioni per la Tutela dei Luoghi Santi, mentre la rivista dei gesuiti raccontava dei bordelli aperti dai sionisti in Terra Santa. Sicuro che è tutta roba passata? Allora come adesso la stampa italiana ci racconta tutto sulla sofferenza dei palestinesi (arabi e contadini) aggrediti dai cattivi sionisti (ebrei americani) e nulla sulle analoghe sofferenze di altri profughi mediorientali: gli ebrei costretti a fuggire dai Paesi arabi, per esempio.

Minimizzazione 2. Don Bosco aveva un amico ebreo. Padre Gemelli, quando era presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha salvato degli ebrei. E tu non sai quanti ebrei hanno trovato salvezza nei monasteri. Tutto vero. L’antisemitismo cattolico è infatti indipendente da quello fascista. Nei Paesi cattolici gli ebrei si sono trovati a subire effusioni missionarie di ogni sorta. La predica coatta, il rapimento di bambini a scopo di battesimo, la reclusione nei ghetti... Il tutto per poterli convertire – e il vizietto non è mica tanto passato (immaginate cosa succederebbe se un Testimone di Geova provasse a fare proseliti in una casa di riposo cattolica…). Per mostrare loro lo splendore della fede cattolica li si degradava, imponendo loro di portare un segno cucito sugli abiti, per esempio: idea ripresa sappiamo da chi, in tempi recenti.

Ungheria, sec. XX


Germania, sec. XVI

Da questo sforzo missionario è nato l’antisemitismo cattolico. È all’origine del concetto di limpieza de sangre, che ha portato alla schedatura di massa, che ha elaborato e diffuso una serie di miti e stereotipi: il complotto, la lobby, l’omicidio rituale che si ritrovavano ieri nella propaganda fascista e oggi in quella islamista.
Il fascismo alle sue origini era anche un anticlericalismo di matrice risorgimentale e poi ha stipulato i Patti Lateranensi. Indubbiamente una parte della Chiesa ha visto nelle leggi razziste la chiusura della breccia di Porta Pia. Se non altro, per molti cattolici si aprivano spazi professionali dopo l’espulsione degli ebrei dalle Università, dalle Accademie e dalla professioni (più di 100 professori universitari, più di 150 liberi docenti, più di 450 funzionari…).

Il gioco dello specchio. Questa è l’argomentazione più contorta e al tempo stesso più divertente. Una volta stabilito che l’antisemitismo cattolico sarebbe un problema del passato, come se i ghetti fossero finiti per cause naturali e non in seguito al tanto deprecato (dai clericali) Risorgimento, si passa ad enumerare le colpe di Israele. Che, in questo caso, consisterebbero nella presenza di rabbini integralisti e superstiziosi, che perseguitano musulmani, cristiani e, ovviamente, i nativi secondo questa retorica gli ebrei sono sempre nemici di tutti i nativi, particolarmente di quelli della Palestina.
Un gruppetto dei rabbini di cui sopra si riunisce a Teheran insieme a nazisti di varia risma per dichiarare che Israele è contrario alla volontà di Dio. Benedetto XVI spiega che se non c’è la pace nel mondo è colpa di Piergiorgio Welby in Italia. E negli stessi giorni il cattolico lettore di Usenet denuncia l’integralismo ebraico in Israele. Sarebbe divertente, se non fosse roba già vista.
Prendiamo infatti le annate di Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista gesuita le cui bozze venivano corrette dal papa in persona. Gli argomenti prediletti tra Otto e Novecento spaziavano dall’enunciazione che l’ebreo è sempre forestiero nel posto in cui vive, alla dimostrazione che gli ebrei costituirebbero una razza nemica del cristianesimo (come provato dagli omicidi rituali), all’invocazione di una segregazione amichevole. E, ovviamente, nel 1884, la dimostrazione che mai i cristiani avrebbero perseguitato gli ebrei, ma anzi gli ebrei hanno sempre perseguitato i cristiani. Proprio come sta succedendo adesso in Israele, secondo gli adepti del modernariato cattolico.

La reazione di fronte a queste pagine poco gloriose è la solita lamentela sulla perfidia ebraica. Fino al Vaticano II in tutte le chiese cattoliche del mondo si proclamava una volta all’anno che gli ebrei sono perfidi. La formula liturgica era un esempio di denigrazione ed il riassunto di una convinzione teologica: rifiutando Gesù gli ebrei hanno perso la fede e per questo sono condannati a vivere dispersi ed a venire perseguitati. I cattolici offesi oggi dalla trasformazione degli ebrei in israeliani lamentano la stessa perfidia: gli ebrei hanno perso la fede nella protezione offerta loro da altri e adesso, ahiloro, ahinoi, ahitutti, fanno da soli, con grave danno di quella che padre Gemelli chiamava “la nostra civiltà cristiana”, che non può più mettere a loro dei limiti. Ed è una lagna strettamente imparentata con la teologia della sostituzione, l’ansia di proclamare che gli ebrei non sono più il popolo eletto e che il titolo è passato a qualcun altro, assieme ai diritti e le prerogative che ci si immagina siano connessi.

una poesia di Giorgio Bassani

Le leggi razziali

La magnolia che sta giusto nel mezzo
del giardino di casa nostra a Ferrara è proprio lei
la stessa che ritorna in pressoché tutti
i miei libri

La piantammo nel '39
pochi mesi dopo la promulagazione
delle leggi razziali con cerimonia
che riuscì a metà solenne e a metà comica
tutti quanti abbastanza allegri se Dio vuole
in barba al noioso ebraismo
metastorico

Costretta fra quattro impervie pareti
piuttosto prossime crebbe
nera luminosa invadente
puntando decisa verso l'imminente
cielo
piena giorno e notte di bigi
passeri di bruni merli
guatati senza riposo giù da pregne
gatte nonché da mia
madre
anche essa spiante indefessa da dietro
il davanzale traboccante ognora
delle sue briciole

Dritta dalla base al vertice come una spada
ormai fuoriesce oltre i tetti circostanti ormai può guardare
la città da ogni parte e l'infinito
spazio verde che la circonda
ma adesso incerta lo so lo
vedo
d'un tratto espansa lassù sulla vetta d'un tratto debole
nel sole
come chi all'improvviso non sa raggiunto
che abbia il termine d'un viaggio lunghissimo
la strada da prendere che cosa
fare.

dagli Atti delle Convegno sulle Conseguenze culturali delle leggi razziali in Italia, organizzato dalla Accademia Nazionale dei Lincei (Roma, 11 maggio 1989)

domenica, dicembre 10, 2006

perché essere sionisti


"Io penso che gli ebrei avranno sempre nemici a sufficienza, come qualunque altra nazione. Ma se essi abitano sul proprio loro suolo, non potranno più essere dispersi" (Theodor Herzl, Lo Stato ebraico, 1896).







Quanto all'Italia, "è vero che nelle classi dirigenti e nelle classi colte non c'è, almeno ufficialmente, l'antisemitismo, ma c'è, come già dissi, tradizionalmente nel popolo (...) Non si può negare che il problema ebraico esista: l'antisemitismo è innato in tutti i popoli, c'è nelle tradizioni: le persecuzioni potranno mutare, non finire" (Piero Gobetti, Opere complete, vol. I, Scritti politici, Torino 1960, pp. 12-15).

venerdì, dicembre 08, 2006

dicono di noi (2)


Don Giovanni Bosco era un tizio con le idee chiare. Ecco come la pensava sugli ebrei. “Siccome il Deicidio fu il delitto più enorme che siasi mai commesso; così fu da Dio punito col più tremendo castigo” che sarebbe la Diaspora, la perdita della patria. E durante l’assedio di Gerusalemme gli ebrei mostrano la loro natura, come quella donna che “calpestò i diritti della natura e, fissando gli occhi sopra un innocente fanciullo (…) lo scanna, lo arrostisce, ne mangia la metà”. (G.B., Storia sacra per uso delle scuole, Torino, s.a., p. 205).
Il grande salesiano enuncia, con toni splatter che ricordano molte delle odierne corrispondenze dalla Palestina, il caposaldo dell’antisionismo. Gesù è il messia, gli ebrei non lo hanno voluto riconoscere e per questo hanno perso la patria. Il loro rifiuto del battesimo, la loro ostinazione a rimanere ebrei è contro ogni logica ed ogni natura e li spinge ad atti crudeli. Se non accetteranno Gesù, se non si fanno cristiani, non avranno mai diritto ad alcuno Stato.

Anche padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Gesù di Milano, era uno con le idee molto chiare.

“Tragica senza dubbio, e dolorosa, la situazione di coloro che non possono fare parte, e per il loro sangue e per la loro religione, di questa nostra magnifica patria; tragica situazione in cui vediamo una volta di più, come molte altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una patria, mentre le conseguenze dell’orribile delitto lo perseguitano dovunque ed in ogni tempo” (A.G., Un grande chirurgo medievale, Bologna, 1939)

nella foto: padre Agostino Gemelli ricevuto da un Pio XII per nulla imbarazzato

dicono di noi (1)

“Un ebreo, professore di scuole medie, gran filosofo, grande socialista, Felice Momigliano, è morto suicida. (…) Ma se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero e con il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l’opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio ? Sarebbe una liberazione”. (AG)

"Vogliamo sperare che il governo di Israele sappia cogliere l’opportunità per un dialogo davvero costruttivo offerta da questa apertura di un ecclesiastico perfettamente normale che, in questa sua dichiarazione, non parla affatto di distruzione dello Stato di Israele." (Oliviero Dallama, ministro degli esteri della Repubblica delle banane)

“In uno dei precedenti fascicoli è stato inserito un trafiletto in cui in forma vivace si augurava presso a poco che gli ebrei (…), morissero tutti quanti. Il trafiletto era vivace, anzi feroce, provocato come reazione alle brutture che ogni giorno si vedono: sono ebrei che ci hanno regalato e diffuso (…) la massoneria, il dominio delle banche e mille altre stregonerie di questo genere. Era sincero, ma era ingiusto (…) perché non tutti gli ebrei sono di questo genere; ce ne è una quantità che ha a poco a poco assorbito la nostra civiltà. Ve ne ha altri che sono il “buon israelita” della Scrittura. Riconosciuto l’errore, debbo dichiarare che l’errore è tutto mio; me ne dolgo; dichiaro che non fu ispirato da odio antisemitico. (…) I lettori me lo vorranno perdonare, considerando almeno questo: che ogni giorno, come deve fare ogni buon cristiano, prego per la conversione degli ebrei". (AG)

"È evidente che l’accusa di antisemitismo è del tutto pretestuosa, lui stesso ha dichiarato di non essere antisemita. Mi sembra anche fuori luogo parlare di clerico-fascismo, Gemelli ha semplicemente risolto a modo suo il problema dell’esistenza di Dio e prega perché gli ebrei si convertano cioè spariscano con le buone. Io ho rispetto per queste sue scelte. E vedo che ha posto, con tono vivace, un problema reale: ci sono ebrei che hanno assorbito la nostra civiltà e ce ne sono che, dietro l’azione dei poteri forti, della massoneria, delle banche, delle streghe, continuano a rifiutare di comportarsi come il bravo israelita. Io dico: parliamone, senza isterismi e tenendo presente quali brutture succedono in Palestina." (on. Massimo Dibilerto)

I testi firmati AG sono tratti dalla rivista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Gesù: “Vita e Pensiero” a. X, pp. 506 e 753. L'autore è padre Agostino Gemelli. Secondo gli autori della voce su Wikipedia si tratterebbe di alcune righe "contro l'Ebraismo" (corrente di pensiero che, oltre ad essere ferocemente anticattolica, ha pure creato la Massoneria e le banche). Felice Momigliano, che per Gemelli era professore di scuole medie, era in realtà docente nella facoltà di Magistero di Roma.
Oliviero Dallama e Massimo Dibilerto sono, ovviamente, personaggi di fantasia. E inoltre la mafia non esiste.

mercoledì, dicembre 06, 2006

la storia dei paperi

C’era una volta uno stagno, che un tempo era stato molto affollato. Ora si andava diseccando e c’erano sempre meno paperi. Un piccolo gruppo di anatroccoli continuava a starnazzare. Un pavone passeggiava sulle sponde.
"Quak", diceva una anatroccola piuttosto tracagnotta, sono le 10.00 di mattina, è ora di accendere le candele.
"Squok", rispondeva desolato un altro anatroccolo, che aveva frange alle zampe, "guardate i cigni, vanno verso il lago; ci sono paperi che li seguono".
"Sberequek!" sobbalzò l’anatroccolo più anzianotto, che dormiva in un angolo remoto dello stagno: "li seguono?"
Il pavone disse: "si è diffusa la notizia che anche gli anatroccoli possono diventare cigni. È un male quando le notizie si diffondono".
La tracagnotta trasse un sospiro e disse: "E' vero, lo ho studiato anche io alla Quackolica. Ma ora lo sanno tutti. E ci abbandonano pure i paperi. Siamo sempre più soli…"
L’anzianotto, piccato, ribatté: "Squok, ma io i paperi li ho accompagnati al pollaio, nella sezione dei galli, ho impartito loro la mia commovente familiare benedizione, che altro possono volere?"
Qualcuno tra i pochi presenti provò a suggerire: "Perché non ce ne andiamo anche noi al lago? Si sta più larghi, e c’è più acqua". Si levò allora un borbottio e il pavone pigolò che al lago il becchime non era kasher. Per tutta risposta un altro gruppo di anatroccoli si allontanò silenziosamente dal gruppo, dirigendosi appunto verso il lago. Si dice divennero cigni anche loro.
L’anatroccolo con le frange era stato in stagni vetusti e rispettati, si era sempre presentato come cigno, ma nessuno voleva un anatroccolo come lui. Aveva finalmente trovato in questo stagno qualcuno che lo rispettava: il pavone per esempio, diceva che era uno splendido cigno prossimo venturo. Ed ecco che improvvisamente lo stagno si andava svuotando e per di più ne spariva anche l’acqua. Tirava grandi zampate nel fango attorcigliandosi le frange e faceva quek quek profondamente irritato.
La tracagnotta era indispettita dagli schizzi di fango. Non aveva mai potuto sopportare le frange, né l’altro anatroccolo, né, a dirla tutta, gli uccelli, di qualsiasi taglia e colore. Molto tempo fa era era stata innamorata di un germano reale, che poi era volato via, lasciandole una profonda amarezza. Da bambina aveva visto un cigno nero che diceva il rosario e tutti sembravano rispettarlo e lo chiamavano don. Aveva tanto voluto essere lei un don, e per questo aveva studiato alla Quackolica, ma le avevano spiegato che non era possibile. Aveva poi trovato un CEPU per le anatroccole, ma quello con le frange sembrava saperne sempre più di lei. Gli faceva davvero molta rabbia. Siccome le piaceva sporcare sognava di costringere l’anatroccolo o addirittura un cigno, a pulire dove lei aveva sporcato.
Disse il pavone: "ho trovato la soluzione. Bisogna scrivere cinquecento volte una parola magica: Riformati, affidare il foglio a un piccione viaggiatore ed ecco che si viene trasformati definitivamente in cigni". E l’anatroccolo aggiunse: "Decine di pulcini vogliono apprendere come trasformarsi in cigno, se facciamo questo incantesimo, potrò essere io l’insegnante ? vero che potrò ? sarò io sarò io quok ! quok!". E agitava scomposto le sue frange, immaginando fossero già ali di cigno. Come è patetico, pensò la tracagnotta. "Sberequek, disse, qui ci vuole un progetto. Se vogliamo attirare altri anatroccoli dobbiamo implementare la coordinazione dei flussi di gestione integrata". Non era rimasto più nessuno a risponderle: ma che cazzo stai dicendo, e di questo ella si compiaceva.
L’anatroccolo anziano disse allora: "Quack, benissimo, siamo tutti d'accordo, scriveremo seicento volte Riformati e poi scriveremo bene in grande Progetto, quattrocento volte. Così avremo il totale magico di mille parole che, per incanto, si trasformeranno in mille paperotti di cui noi anatroccoli saremo il consiglio paperattivo. E ci trasformeremo in cigni. Quak!".
Dal lago, uno dei cigni, intenerito dai tre piccoli anatroccoli, lanciò una tastiera verso lo stagno. Il pavone fece la ruota dicendo: "Avete visto cosa sono riuscito ad ottenere?" Gli anatroccoli si misero allora con impegno a pestare sulla tastiera. Nessuno di loro aveva idea di cosa significasse la parola Riformati e, rapiti da tale mistero, la scrivevano a raffica in un turbinìo di entusiasmo, fede, quack, quock, sberequeck e tzitzit. Quando la tracagnotta inciampò nelle frange bofonchiò Mavadaviailcul, l’anatroccolo anziano (che era un po’ sordastro) starnazzò allora: Culto, Culto., che meravigliosa idea, scriviamo pure: Culto! Riformati-Progetto-Culto ! Questa è la nostra formula magica. Come Sim Sala Bim".
"E una folla di pulcini ci raggiungerà!", disse l’anatroccolo con le frange, e fece: quak.
"E lo stagno sarà allora largo e spazioso!", corresse la tracagnotta, che non gradiva molto gli uccelli, e fece: quok.
"Mi piace questo spirito unitario", disse l’anatroccolo anzianotto, e soggiunse: quek.
"Vedrete, domineremo anche l’Unione GErmani reali Italiani", aggiunse il pavone, gonfiando la ruota.
E fu così che Sim Sala Bim, Riformati, Culto, Progetto, Abracadabra, Quak, Quek, Quok gli anatroccoli divennero cigni. Ovviamente per chi crede alle favole.

Quanto sopra è un racconto di pura fantasia. Ogni riferimento a associazioni esistenti è puramente casuale.

nell'occhio di chi guarda

C’erano una volta generazioni di pacifici arabi. Un brutto giorno dopo la Seconda Guerra Mondiale e il bombardamento di Hiroshima arrivarono in Palestina le forze del male. Volevano fondare dei centri commerciali ed espiantare i nativi e, con l’aiuto della potente lobby neocon posero fine con il sangue a secoli di convivenza pacifica con la minoranza ebraica. Nacque così lo Stato di Israele, razzista e colonialista. Fin qui, la favola. (nella foto, una sinagoga di Hebron, 1925)

Tra 1826 e 1906 si recarono in Levante diversi viaggiatori italiani, quasi tutti in pellegrinaggio. Barbara Codacci ne ha censiti i trentasei resoconti, in un bel saggio Italian Travellers in Palestine, pubblicato nel volume collettaneo Travellers in the Levant: Voyagers an Visionaries (Cambridge 2001). Tutti rispettavano profondamente i musulmani: il razzismo anti-islamico è una cosa piuttosto recente tra gli italiani cattolici. Rigoglioso era invece il razzismo antisemita. Per esempio nelle descrizioni degli ebrei di Gerusalemme -eh già, perché di ebrei da quelle parti già ce ne erano, e non pochi, ma erano brutti, sporchi (“la gente più sporca che io abbia mai visto”, Luigi Rossi, Un viaggio in Terra Santa e in Egitto, Vicenza 1890, p. 99) e ovviamente cattivi. D’altronde, ragionavano i viaggiatori, gli ebrei erano una “razza carica d’oro e di odio”, come scriveva il vescovo di Cremona Geremia Bonomelli, probabilmente dietro osservazione diretta (Un autunno in oriente, Milano 1895, p. 230).

Gerusalemme, 1895

Quella gente aveva ucciso Gesù e dalle parti della Polonia si diceva che uccidessero bambini cristiani per berne il sangue: forse c’era anche qualcosa di vero. Anche i letterati sensibili alle istanze sociali, che condannavano le persecuzioni antisemite definiva gli ebrei “razza sordida e vile” (Angelo De Gubernatis, In Terrasanta, Milano, 1899, p. 164). Significativamente, nessun intellettuale italiano dell’epoca si preoccupa di ascoltare le ragioni dei sionisti, nemmeno nell’epoca in cui i pogrom fanno stragi in Europa Orientale, costringendo gli ebrei alla immigrazione, anche in Terra di Israele. Insomma gli ebrei proprio in Palestina non ci dovevano stare, dicevano questi cattolici che adesso piacerebbero tanto a Diliberto. Che tornassero a farsi massacrare in Russia, oppure accettassero la verità del cristianesimo e basta con le loro sordide usure.

Lavoratori ebrei, Gerusalemme, 1895

Per Matilde Serao, scrittrice, giornalista, antifascista (una specie di Rossanda dell'epoca) gli ebrei in Palestina stavano nientemeno che rubando l’aria ai poveri nativi (Nel paese di Gesù, Napoli 1899, pg. 100). Perché gli ebrei non sono nativi di nessun posto, men che meno di Gerusalemme. Quando Pietro Stoppani (Dal Nilo al Giordano, Milano 1905, p. 167) vede che ai primi del Novecento Gerusalemme è purtroppo città a maggioranza ebraica la cosa non gli piace per niente. D’altronde noi sappiamo che non era vero, che da quelle parti c’erano arabi e cristiani che andavano d’amore e d’accordo finché non sono arrivati gli americani e poi lo sanno tutti che Pietro Stoppani scriveva per informazionecorretta.

(le foto sono tratte da http://www.eretzyisroel.org/ )